Roland Barthes e La camera chiara

La Camera Chiara (1980) di Roland Barthes è un libro fondamentale per chi si interessa di fotografia che va ben oltre la semplice analisi tecnica dell’immagine fotografica e penetra nel cuore della riflessione filosofica e semiotica sulla fotografia stessa. Un libro che potremmo definire interdisciplinare, un concetto che ci è caro e sul quale ci siamo già soffermati.
Questo articolo è stato scritto come viatico alle conferenze che la Professoressa Francesca Martinelli terrà per la nostra associazione nei prossimi mesi.
A seguire alcune considerazioni in ordine sparso
su di un testo – dalle evidenti suggestioni proustiane – complesso ma illuminante, che coinvolge il lettore in un processo maieutico permeato da una forte tensione emotiva.

Il concetto di “punctum” e “studium”

Una delle intuizioni più importanti di Barthes in La Camera Chiara è la distinzione tra due dimensioni dell’esperienza fotografica: studium e punctum.

  • Studium: è l’aspetto generale della fotografia che può essere compreso facilmente, il suo significato culturale, storico o sociale. È ciò che possiamo apprezzare razionalmente.
  • Punctum: è l’elemento che colpisce personalmente lo spettatore, qualcosa di imprevedibile che trascende il razionale, che provoca una reazione emotiva. È il dettaglio che punge l’occhio e tocca l’intimità dell’osservatore.

Questa distinzione è fondamentale nel modo in cui Barthes esplora l’emotività e la soggettività dell’esperienza fotografica.

La fotografia come presenza del passato

Barthes sottolinea un aspetto molto peculiare della fotografia: essa è un “testimone del passato”. Ogni fotografia, secondo Barthes, è legata a un momento che è irrimediabilmente scomparso. La fotografia non è solo un’immagine, ma un documento che attesta che qualcosa è esistito, che una scena è stata realmente catturata. La circostanza lega la fotografia a una dimensione temporale unica: quella del hic et nunc passato.

Barthes esplora questo concetto attraverso il suo coinvolgimento personale con una fotografia della madre da bambino, che diventa un simbolo del suo lutto e del legame tra fotografia e morte. La fotografia diventa, quindi, anche il luogo di una riflessione sulla finitezza della vita.

Il ruolo del fotografo e della morte

Un altro aspetto rilevante è la riflessione di Barthes sulla morte nella fotografia. La fotografia, per Barthes, è un incontro tra il fotografo e il momento della morte, un modo per preservare ciò che è destinato a scomparire. Ogni immagine è per Barthes un segno che qualcosa è già morto: “la fotografia è il segno di ciò che non c’è più”.

Questo legame tra fotografia e morte è trattato in modo particolarmente intenso nel capitolo che esplora il lutto di Barthes per la madre. In questo senso, la fotografia diventa un mezzo per affrontare la transitorietà e il dolore. Il libro è anche un’esplorazione intima della memoria e del lutto. Per Barthes, la fotografia è uno strumento che ci permette di conservare il passato, ma allo stesso tempo è anche una forma di resistenza al dolore della perdita.

La fotografia e la verità

Barthes esplora anche il rapporto tra fotografia e verità. La fotografia, a differenza di altri mezzi artistici come la pittura, ha una relazione più diretta con la realtà. La sua capacità di catturare la “verità” è ciò che rende l’immagine fotografica unica, sebbene Barthes stesso metta in discussione il concetto di “verità” assoluta in fotografia. La fotografia non è mai neutrale o totalmente oggettiva, ma sempre interpretata attraverso l’occhio dell’autore e quello dello spettatore.

La fotografia come esperienza estetica

Il libro di Barthes si distingue anche per la sua scrittura lirica e personale. La fotografia non è trattata solo come un mezzo tecnico, ma come una forma di arte che tocca la sfera del sentimento, dell’affettività e della filosofia. La riflessione estetica di Barthes trascende la mera descrizione e analisi del medium fotografico, invitando il lettore a riflettere sulla propria esperienza con le immagini, sul loro potere di evocare emozioni, ricordi e significati.

Conclusione

La Camera Chiara è un testo che ha avuto un impatto profondo sullo studio della comunicazione, e ancora oggi è considerato uno dei libri più rilevanti per comprendere la natura e l’estetica della fotografia. La sua potenza risiede nella capacità di Barthes di unire filosofia, arte ed esperienza personale, creando un’opera che è tanto un’indagine teorica quanto un’esplorazione emotiva. La fotografia, come Barthes ci mostra, è un mezzo attraverso il quale possiamo accedere alla memoria, alla verità e alla morte, ma anche alla bellezza e alla soggettività del nostro vissuto.
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