Le affinità di confine: architetture tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia attraverso le immagini di Roberto Conte e Miran Kambič

Mercoledì 2 luglio abbiamo avuto l’opportunità di partecipare all’anteprima stampa di Le Affinità di Confine. Architetture tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia, la straordinaria mostra ospitata al Magazzino delle idee a Trieste e aperta al pubblico dal 3 luglio.
La mostra esplora un secolo di architettura transfrontaliera attraverso i dittici visivi di autori (Roberto Conte e Miran Kambic) che rivelano connessioni, divergenze e memorie condivise. L’evento espositivo rientra nella programmazione di GO! 2025&Friends per celebrare Nova Gorica-Gorizia Capitale Europea della Cultura nel 2025.
Ovviamente appena sarà possibile organizzeremo una visita guidata per i soci, come abbiamo fatto in altre occasioni.

Municipio Sezana ph Roberto Conte

Descrizione della mostra

Esplorare i linguaggi architettonici sviluppatisi tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia, territori separati da confini mutevoli, ma uniti da stratificazioni storiche, culturali e politiche, non per raccontare una storia esaustiva dell’architettura nella dimensione transfrontaliera, quanto per proporre un confronto visivo e critico tra edifici emblematici, facendo emergere affinità, divergenze e contaminazioni.
È questo l’obiettivo della mostra Le Affinità di Confine. Architetture tra Friuli Venezia Giulia e Slovenia, curata da Luka Skansi e Paolo Nicoloso.
Sviluppata a partire da una proposta di Guido Comis dell’Ente Regionale per il Patrimonio Culturale del Friuli Venezia Giulia (ERPAC), la mostra si inserisce nel palinsesto di GO! 2025&Friends, il programma di eventi collegato a GO!2025 Nova Gorica – Gorizia Capitale europea della Cultura.
L’architettura è qui letta come espressione di miti identitari, poteri e memorie collettive. I curatori rifiutano una narrazione univoca: preferiscono il metodo del dittico, accostando oltre cinquanta coppie di edifici costruiti nei due paesi, raggruppati per epoca, funzione o tematica.
Dall’epoca austro-ungarica fino alla Jugoslavia socialista, passando per le stagioni dei modernismi e
dei regionalismi, fino alle più recenti tendenze, la mostra fa emergere sia specificità locali che influenze transnazionali, sottolineando la porosità dei confini culturali.

Elemento centrale è la dialettica tra edifici “gemelli” per funzione, ma diversi per linguaggio, ideologia o contesto. Un esercizio critico e visivo, arricchito dallo sguardo esperto dei fotografi, capaci di restituire attraverso l’immagine sia il contesto urbano che il dettaglio materico.
I dittici presentano edifici della stessa tipologia e ripercorrono tre momenti: gli anni a ridosso della Prima guerra mondiale, il periodo tra le due guerre, e i decenni dal secondo dopoguerra fino alla caduta del Muro di Berlino e alla nascita della Repubblica Slovena. Un percorso visivo e concettuale affidato alle fotografie di Roberto Conte e Miran Kambič, due maestri del racconto dello spazio costruito.
L’architettura è così riaffermata come fatto vivo: non solo documento storico, ma parte integrante del nostro presente, capace di incidere sul paesaggio e sulla coscienza collettiva. La mostra invita a riflettere sul costruito come testimonianza viva di convivenze, tensioni e identità condivise.
I fotografi sono stati chiamati a ripensare i punti di vista nella prospettiva del confronto.
L’esclusività dell’inquadratura o dell’architettura lascia spazio al dialogo visivo, alla dialettica tra forme, materiali e ideologie.
“Essa è viva, rappresenta un fatto fisico – spiegano i curatori – che con la propria forma, dimensioni, spazialità, relazioni urbane o ambientali partecipa al tempo presente. È un’espressione culturale che si trasmette e si radica nelle nostre menti anche senza che ce ne accorgiamo”.
Accompagna la mostra un elegante catalogo che documenta il lavoro di ricerca transfrontaliero stampato per i tipi di Gaspari Editore.

Mercato coperto, Lubiana ph Miran Kambič