Intervista a Monika Bulaj, in attesa del suo spettacolo Geografie clandestine al Teatro Miela di Trieste

Venerdì 27 marzo al Teatro Miela di Trieste debutta lo spettacolo teatrale – performing reportage, in locandina – “Geografie clandestine”, con la fotografa Monika Bulaj quale protagonista.
Monika è il più prestigioso dei soci onorari della nostra associazione e abbiamo pensato di farle qualche domanda per prepararci alla serata.

Monika, come è nata l’esigenza di questo spettacolo?
Oh, da tante cose, in particolare dal desiderio di incontrare il pubblico in modo diverso di quanto faccia durante una mostra. Sono sul palco, più o meno a mio agio, e gli spettatori sono seduti comodamente in teatro. C’è meno confusione di quanta ce ne sia nelle visite guidate, più concentrazione e intimità. L’ho fatto già altre volte e funziona.

C’è attinenza con “Geografie sommerse”, la mostra che hai presentato pochi mesi fa?
Sì, c’è un legame molto stretto che porta le mie foto fuori dagli spazi angusti dell’esposizione e le fa vivere tra le persone. È un modo per renderle universali e attuali, legate alla quotidianità.

Trieste è per te una città simbolo, vero?
Sì, perché Trieste è ed è sempre stata una città crocevia di culture, di passaggio, in cui si ripropongono in vesti diverse dinamiche che trovo nei miei viaggi in ogni posto del mondo dove c’è bisogno di una memoria condivisa che non sia strumentalizzata e distorta dalla politica. In un certo senso Trieste è un punto di arrivo, da dove poter trarre conclusioni.
Nei mesi scorsi ho riguardato con occhi diversi tante fotografie che ho scattato qui a Trieste e ho trovato molti spunti, molte similitudini con altri luoghi. Ho anche scattato molto, fermandomi a parlare con le persone per raccogliere i suoni più intimi e delicati di una polifonia culturale e umana che io percepisco con l’anima come fosse stonata, irrisolta in ogni caso.

Nello spettacolo ci sarà anche della musica?
Sì, musica popolare, musica che racconta emozioni, luoghi, tradizioni, sopravvivenze.

Hai qualche progetto specifico per il futuro?
Il mio progetto è sempre quello: raccontare le tessere che compongono il grande mosaico del mondo e delle sue geografie umane mettendo in luce la bellezza là dove sembra ci sia solo sofferenza, ma non è così. Non è perciò un lavoro che ha una fine, ma è anzi in continuo divenire.
Purtroppo ho difficoltà a reperire fondi per finanziare i miei viaggi e le mie ricerche, ma sono ottimista. Io mi autofinanzio facendo un tipo di giornalismo che ormai non esiste quasi più. Le mie prossime mete saranno l’Africa orientale e l’Asia, mentre altre destinazioni – Haiti, per dirne una – per il momento mi sono precluse perché la situazione è troppo pericolosa.

Dal punto di vista didattico, invece, c’è qualche novità?
A settembre di quest’anno terrò un altro workshop qui a Trieste, può essere una buona occasione per i vostri soci per crescere dal punto di vista fotografico e per imparare a raccontare con le immagini.

Non ci resta che aspettare di vedere questo spettacolo a cui raccomandiamo di non mancare!