Il paradosso della fotografia

Qualche giorno fa siamo stati ospiti della Società dei Concerti di Trieste per una serata particolare al Museo Revoltella perfettamente in linea, si parva licet, con quella che è la mission della nostra associazione: indagare tra le pieghe delle contaminazioni tra le Arti, di cui la fotografia fa parte a pieno titolo.
L’argomento era stimolante e cioè le correlazioni tra Carl Frithjof Smith, pittore norvegese della seconda metà dell’Ottocento e autore del famoso quadro Dopo la Prima Comunione, e alcune pagine musicali di J.S.Bach, Edvard Grieg, Franz Liszt e Arnold Schönberg interpretate al pianoforte da Giuseppe Andaloro.
A quei tempi la fotografia era un’Arte giovane e tra pittori e fotografi si potrebbe dire, celiando un po’, che non corresse buon sangue perché sussisteva una specie di competizione. Il nuovo spaventa, ha sempre spaventato, le novità rompono schemi e privilegi, destabilizzano.
D’altro canto gli Artisti sono spesso anche assai vanitosi e non si contano i pittori che passarono a farsi scattare un ritratto fotografico da Félix Nadar, del quale abbiamo già parlato qui.
Nella stessa situazione si trovò agli inizi del Novecento Arnold Schönberg (pittore a sua volta) il quale, dopo i primi lavori in linea con l’establishment culturale dominante, con la musica atonale e le sue opere Erwartung e Pierrot Lunaire scardinò le solide radici e forse anche qualche privilegio dei compositori tardoromantici.
Il quadro di Smith, uno dei più apprezzati della collezione del Museo Revoltella, è un’opera di transizione perché mantiene le tradizioni esecutive della sua epoca e al contempo guarda avanti, anzi guarda metaforicamente il pubblico attraverso gli occhi di quella bambina che sembra fissare in modo innocente ma inquietante il visitatore.
Le analogie con la fotografia sono palesi nella composizione, nel modo di evidenziare il soggetto – la bambina è l’unico elemento completamente a fuoco – e nella ricerca della tridimensionalità della scena.
In generale il clima culturale che permeava la Germania e i paesi nordici era di grande fermento intellettuale e l’epicentro di questa koiné artistica era Weimar. Johannes Sebastian Bach, vissuto un secolo prima, si può considerare il padre putativo di tutti gli artisti prefati, perché i geni sono di ispirazione per chiunque in ogni campo.
L’incontro è stato aperto dalle riflessioni di Susanna Gregorat, conservatore del Museo Revoltella, e del Direttore Artistico della Società dei Concerti, Marco Seco.
A seguire il concerto vero e proprio in cui il pianista Giuseppe Andaloro ha dato prova non solo di virtuosismo e tecnica ma anche di essere capace di coinvolgere emotivamente il pubblico con il linguaggio del corpo e, perché no, con due bis dedicati a Brahms e…i Queen, di cui ha proposto un’entusiasmante versione di Bohemian Rhapsody.
Alla fine della serata ci siamo convinti che abbiamo intrapreso la strada giusta, probabilmente non la più facile, ma che paga dividendi sul medio e lungo periodo. Perché l’Arte è un continuum, la Fotografia è un’Arte ma chi sa solo di fotografia non sa nulla di Fotografia. Ce lo insegna la Storia.