Chi ha paura di Raffaella Carrà?

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Nel 1974, esattamente cinquanta anni fa, la mai troppo rimpianta Raffaella Carrà incideva “Rumore”, un 45 giri che ha venduto 10 milioni di copie nel mondo.
Ma che c’entra Raffaella con la fotografia? Ovviamente nulla, ma ci piaceva il calembour con il titolo della canzone, perché il rumore digitale è uno degli spauracchi più grandi di noi fotografi dilettanti.
Il rumore digitale sembrerebbe un parente molto stretto del rumore analogico, anche se si dovrebbero fare molte puntualizzazioni.
In modo manicheo potremmo affermare che nella fotografia analogica il rumore era (ed è) inevitabile e lo stesso vale per la fotografia digitale ma, nel secondo caso, la preoccupazione è molto più intensa.
Questo mostro che ci turba il sonno ha due facce, entrambe poco raccomandabili: il rumore di luminanza (la famigerata grana) e il rumore di crominanza (i fastidiosissimi pixel colorati).
La comparsa di questa specie di virus digitale ha varie cause: ISO alti, esposizioni lunghe e sensori piccolini sono le principali.
Negli ultimi cinque anni i software di post-produzione hanno fatto progressi incredibili nel contenimento dei danni provocati dal rumore digitale, aiutati anche da quell’atout sconosciuto sino a poco tempo fa che è l’Intelligenza Artificiale.
Perciò, dato per scontato che il fotografo accorto userà gli ISO indispensabili per la buona riuscita della foto seguendo le regole del triangolo dell’esposizione, vediamo con un esempio quali sono i risultati che si possono ottenere con un denoiser su una foto molto, molto rumorosa, scattata per necessità a 14.400 ISO!

Nella prima immagine un ingrandimento al 100% del raw prima dell’intervento di “pulizia”, che ovviamente va calibrato in base alle proprie esigenze, alla destinazione d’uso e a tanti altri fattori.

Nella seconda, invece, la stessa immagine dopo il passaggio del software di pulizia virtuale.
Chi ha l’hobby della fotografia sa per esperienza di vita vissuta che non si è scelto un passatempo economico e, in effetti, anche questi programmi hanno il loro costo.
Ma – come dice Don Giovanni – “già che spendo i miei denari, io mi voglio divertir”.
E se la spesa mi fa passare la paura del rumore e ci consente di portare a casa una foto in condizioni difficili, sono soldi ben spesi.